considero un grave errore la proposta di abolizione del valore legale del titolo di studio. si fa l'errore di buttare via il bambino con l'acqua sporca! si osserva una situazione di disomogeneità e disuguaglianza e invece di intervenire per creare uguaglianza ed equità nell'usufrutto di un diritto fondamentale, si certifica, si cristallizza e si stigmatizza tale disuguaglianza e nel contempo si toglie valore all'intero sistema di istruzione! era uno degli obiettivi della loggia P2 di licio gelli!!! era nei documenti trovati in possesso di licio gelli! tipica proposta ultraliberista, ribadita dal governo tecnico di monti e profumo, che vuole sottrarre risorse e valore alla scuola pubblica e statale dando l'istruzione in pasto al mercato selvaggio, svuotandola in tal modo del suo profondo significato significato costituzionale (articolo 3) e di "fondamento dello stato sociale", a tutto favore delle scuole o università private ed elitarie. come negli USA, disastroso esempio di tale disastrosa norma che ha generato e contribuito a mantenere inalterati gravi squilibri sociali ed economici che alla lunga hanno indebolito il paese, tanto da indurre obama a fare improvvisamente una disperata retromarcia! il valore legale del titolo è un presupposto fondamentale per dare valore all'intero percorso di istruzione, uno stimolo fondamentale per il cittadino ad intraprendere un percorso di formazione, che deve avere standard qualitativi elevati e competitivi a tutti i livelli e su tutto il territorio nazionale; una garanzia che i cittadini a prescindere dalla loro classe economico-sociale fondino la loro vita lavorativa e sociale su solide basi intellettuali. lo stato, ovvero la comunità, deve garantire e perseguire il diritto ad un'istruzione di qualità per tutti, intervenendo soprattutto ove si presentino disuguaglianze senza lasciare nessuno indietro. solo in questo modo è possibile coltivare quell'intelligenza "globale" che può rendere il paese competitivo, innovativo, creativo, al passo con i tempi. si da valore al titolo di studio intervenendo lì dove non si riscontrano criteri di qualità adeguati, anzi, prevenendo qualsiasi devianza da essi. attualmente è vero che il titolo ha perso di fatto valore, tanto che le aziende e anche le stesse istituzioni lo considerano sempre meno. una situazione che riflette lo stato di abbandono dell'istruzione nel nostro paese! abolire il valore legale del titolo equivarrebbe a stigmatizzare, formalizzare, legalizzare e cristallizzare questa situazione, nulla più! una vera e propria nefandezza! invece dare un valore omogeneo al titolo di studio, non ha mai impedito di riconoscere talenti e meriti particolari, tutt'altro, a patto che il titolo sia frutto di un'istruzione di qualità, cosa di cui le istituzioni hanno la piena responsabilità, responsabilità che non possono demandare o a cui non possono rinunciare. fra l'altro esistono già percorsi formativi pubblici e statali d'eccellenza a numero chiuso (Normale e Sant'Anna di Pisa, Iuss di Pavia, Imt di Lucca, Istituto di scienze umane di Firenze e Sissa di Trieste) e volendo se ne potrebbero creare altri, a cui accedere in base ai propri meriti e non certo in base al reddito! anzi, chi ha un reddito basso deve essere aiutato economicamente dallo stato se dimostra di avere le competenze per frequentare queste università! concludo facendo notare che nel sistema clientelare italico, abolire il valore legale del titolo favorirebbe le logiche clientelari; gli amici degli amici potrebbero accedere a ruoli chiave istituzionali o aziendali senza bisogno di presentare titoli di studio specifici. in tal modo si toglie "potere" agli insegnanti, la cui valutazione a quel punto avrebbe scarsa importanza e conseguenza. e invece tale "potere" è a mio avviso indispensabile nell'equilibrio e nella separazione dei "poteri" che caratterizza i sistemi democratici. sarebbe un po' come togliere "potere" alla magistratura. e cerchiamo di far sparire dal programma nazionale una simile proposta frutto di leggerezza e superficialità che può costare molto al m5s! infatti un sondaggio recente del MIUR, nonostante fosse pilotato da Profumo, ha dimostrato che la maggior parte italiani sono contrari all'abolizione del valore legale del titolo e sostengono ancora il ruolo dell'istruzione pubblica e statale. meditate gente, meditate!
Il movimento dei precari è nato nell’agosto del 2008 sull’onda dell’attuazione dei primi tagli alla scuola statale varati dal governo Prodi e attuati dal governo Berlusconi assieme alla famigerata legge 133/08 e alla legge 169/08 sul ripristino del “maestro unico” alla scuola primaria. Il movimento in questi anni ha cercato di arginare lo scempio che si è abbattuto sulla scuola statale, scempio causato dall’idea folle e suicida che nei momenti di crisi si possa ovviare ad essa tagliando linearmente spese quali l’istruzione e altri servizi ai cittadini senza nessun tipo di intervento o modifica strutturale.
Se si considera poi che a questi tagli non si è aggiunto nessun provvedimento volto ad una modifica reale dei programmi curriculari e se non si aggiunge nessuna misura mirante a far diventare la scuola centro propulsore della crescita sociale e culturale, ecco che arriviamo alla situazione drammatica in cui versano i nostri giovani, che vivono lontanissimi dalle nuove dinamiche sociali ed economiche mondiali, che spesso non concludono gli studi e che ancora più spesso vengono irreggimentati nelle fila di organizzazioni malavitose.
Per questi motivi è stato considerato nefasto avere impoverito la scuola di ben 150.000 lavoratori in 3 anni. Oggi le scuole sono insicure perché pochissimo sorvegliate dai collaboratori scolastici e ingestibili numericamente, perchè nelle classi sono ammassati sino a 35 alunni quando un’aula ne può contenere al massimo 20. E tutto questo in barba alle attuali leggi e normative su igiene e sicurezza. Per non parlare della impossibilità reale di poter intervenire didatticamente sui singoli alunni secondo le personali necessità per poi valutarli con metodologie specifiche ed individualizzate.
Una seria politica di rilancio della scuola e dell’Italia tutta non può quindi che partire dalla restituzione delle risorse che sono state tolte alla scuola in questi 4 anni e che ammontano circa a 13 miliardi di euro.
Ma parlare di investimenti in questi giorni appare quasi un controsenso anche se siamo tutti consapevoli che la scuola così come è, anche e soprattutto dopo la riforma Gelmini, non funziona. Lo stanno confermando tutte le indagini statistiche sul successo formativo, la dispersione scolastica, le frequenze irregolari. E se in una Nazione la scuola intesa come sottosistema istruzione non funziona sappiamo benissimo che essa potrà essere spazzata da un vera crisi economica, come infatti stava per accadere un anno fa e forse accadrà nell'anno in corso, poichè la società tutta soffrirà di scarsa integrazione tra i suoi sottosistemi, non più reciprocamente funzionali.
Una nazione che si voglia ritenere moderna ed al passo con i tempi non può prescindere dal collocare nei posti chiave dei vari uffici e delle strutture statali persone oneste, competenti e votate al lavoro inteso come servizio rivolto all'intera comunità dei cittadini. In Italia invece si è assistito ad un “posizionamento” in questi posti di persone asservite ai partiti, persone senza nessuna competenza specifica, persone dedite soltanto al funzionamento di meccanismi clientelari e di scambio di favori reciproci tra società civile e politico di turno.
Nello stesso tempo la macchina del fango si è abbattuta sugli impiegati statali compresi i docenti della scuola considerati tutti dei fannulloni. Questo senza tenere presente che dove ci sono impiegati inefficienti c’è sempre un dirigente connivente o come minimo inadatto a ricoprire quel ruolo. E allora anziché sprecare fiumi di parole per parlare di misurazione delle competenze dei docenti della scuola, cosa che se anche si riuscisse a fare, creerebbe delle assurde discriminazioni nella formazione dei vari consigli di classe, molto più semplice e statisticamente possibile sarebbe invece valutare i risultati di una singola scuola e quindi del suo dirigente. Costerebbe infinitamente meno e sarebbe molto più produttivo se pensiamo che oggi un dirigente scolastico è titolare a tempo indeterminato nella scuola e non è mai sottoposto a verifica del suo operato.
Ma i docenti dovrebbero fare anche delle considerazioni sulla loro organizzazione lavorativa: infatti la modalità di lavoro attuale non può funzionare perché il docente svolge, oltre alle canoniche 18 ore settimanali di lezione frontale in classe, molte altre ore per preparare le lezioni e le verifiche e per correggere i vari compiti in classe. Lavoro che non è assolutamente misurato ed è in pratica fatto in “nero”. La proposta è quella di rendere finalmente misurabile questo lavoro, che andrebbe fatto a scuola e non a casa. Un Docente dovrebbe stare a scuola per almeno 30 ore alla settimana, fare un monte ore di lavoro trasparente, sotto gli occhi di tutti, senza dover subire continui attacchi da parte di tutti coloro i quali non sanno del lavoro a monte di preparazione e a posteriori di correzione di compiti e verifiche. Non va dimenticato inoltre il tempo necessario alla frequenza di corsi di aggiornamento, che dovrebbero diventare obbligatori. Ovviamente il monte ore di lezione in classe non dovrà mai per nessun motivo, neanche se scelto volontariamente dai Docenti, superare le 18 ore settimanali perché ciò andrebbe a discapito della qualità dell’insegnamento.
E’ ovvio che per consentire questo lavoro i docenti dovrebbero avere a disposizione una cattedra con un pc collegato ad internet e spazi consoni alla qualità del lavoro svolto, come ampie sale conferenza per lavori di gruppo anche a distanza e corsi di aggiornamento e mense per chi rimane a scuola nel pomeriggio.
Per quanto riguarda l’analisi dei percorsi scolastici nella loro attuale strutturazione, partendo dalla scuola primaria, constatiamo con rammarico come il ritorno al maestro unico sia stato un notevole passo indietro per un modello che era all’avanguardia nel mondo che preparava adeguatamente i bambini ad affrontare il prosieguo degli studi. Il sistema dei moduli andava verso la specializzazione, con tre docenti in diverse discipline. Anche a livello della crescita emotiva, il relazionarsi con diverse figure anziché con una sola, era senza ombra di dubbio un vantaggio che oggi i nostri bambini hanno perso.
Nessun provvedimento invece è stato preso in questi anni nei confronti della scuola secondaria di primo grado che riveste un ruolo di fondamentale importanza gestendo il passaggio dall’infanzia all’adolescenza dei nostri giovani. Investimenti importanti andrebbero fatti in questo ordine di scuola con una rivisitazione radicale dei piani di studio. Ma soprattutto ogni scuola dovrebbe avere una equipe socio-psico-pedagogica che riconosca in tempo le numerose problematiche che insorgono negli alunni di questa età e che solo un intervento tempestivo può risolvere.
La scuola secondaria di secondo grado è quella che assieme alla primaria è stata più profondamente colpita da provvedimenti che sono stati spacciati per riforme e che invece hanno visto solamente una riduzione degli orari, sopratutto nelle discipline che prevedevano ore di laboratorio, togliendo agli alunni quella fondamentale parte che è la verifica sperimentale delle ipotesi scientifiche ma anche e soprattutto l’esercizio pratico per le scuole tecniche e professionali che preparano all’inserimento del mondo lavorativo. Alla luce di queste considerazioni appare scontato dire che una vera ristrutturazione della scuola secondaria di secondo grado non può che partire da un ripristino delle ore tagliate, per poi andare ad affrontare una rivisitazione dei programmi curriculari per adeguarli alla dinamiche sociali e lavorative del terzo millennio.
Doveroso è analizzare a parte la questione degli alunni diversamente abili nella scuola italiana partendo dalla legge 104/92 che ha rappresentato per tutti i cittadini in situazione di handicap una pietra miliare. Una legge che ci ha posto ai primi posti nel mondo nella tutela delle persone con invalidità psichica e fisica soprattutto per gli alunni che sono stati considerati alla stregua dei cosiddetti normodotati ed inseriti a pieno diritto nella classi dei vari ordini di scuola. Ad essi è stato affiancato un docente curriculare specializzato al quale affidare il compito di curare la piena integrazione sia dal punto di vista sia didattico che sociale all’interno della classe e nella scuola.
Da quel lontano 1992 il livello di integrazione degli alunni diversamente abili nella scuola e quindi nella società è aumentato costantemente fino al 2008, quando la messa in atto di alcune norme inserite nella legge finanziaria 244/07 hanno bruscamente frenato questo processo riducendo a numeri ridicoli le ore di sostegno per gli alunni interessati. Dal 2008 infatti le ore assegnate ai singoli alunni devono rispettare una media provinciale che non può superare il numero di un docente ogni due, media valida anche per quelli considerati gravissimi. Solo le ultime numerose sentenze hanno stabilito che i diversabili gravi hanno diritto ad un docente per tutto il suo orario settimanale. Ma rimanendo in vigore le norma è accaduto che la sentenza si sia ritorta contro i cosiddetti diversabili lievi che hanno visto le ore ridotte fino a 4,5 ore alla settimana. Appare quindi evidente che per ovviare a questa grave lesione dei diritti degli alunni è necessario un riordino di tutte le norme che regolano l’assegnazione delle ore agli alunni diversamente abili in un testo unico dove le esigenze dell’alunno siano messe al centro dei criteri di assegnazione delle ore che devono dipendere dalla propria condizione e non da una media provinciale. A questo dovrebbe seguire l’istituzione della classe di concorso sostegno e la trasformazione di tutto l’organico di fatto di sostegno in organico di diritto per aumentare la continuità didattica oggi messa in discussione dall’annuale valzer delle assegnazioni delle cattedre ai docenti di ruolo ed ai precari.
Oltre alle proposte fatte sopra si sottopongono alle forze politiche che si stanno confrontando in questa campagna elettorale alcuni punti che a nostro avviso potrebbero fermare il declino inesorabile della scuola italiana. Essi riguardano tematiche di carattere generale ma anche punti tecnici che potrebbero essere facilmente modificati rendendo molto più snella e trasparente la procedura di selezione del personale precario per gli incarichi annuali a tempo determinato.
Temi di carattere Generale
1) Abolizione della riforma delle scuole secondarie di I e II grado (L.133/08) e successive disposizioni.
2) Abolizione del maestro unico nella scuola primaria (L.169/08) e successive disposizioni.
3) Mantenimento delle attuali graduatorie provinciali ad esaurimento e loro utilizzo come unico canale di reclutamento a tempo indeterminato per i docenti precari.
4) Congelamento della tabella di valutazione dei titoli relativa alle graduatorie ad esaurimento.
5) Abolizione dell’attuale concorso e di sistemi di reclutamento basati esclusivamente su selezione concorsuale. Riproposizione delle Scuole di specializzazione per l’insegnamento (ssis) modificate e corrette, come unico canale abilitante e di reclutamento ed immissione dei nuovi abilitati nelle graduatorie.
6) Abolizione del tetto massimo di un insegnante di sostegno ogni due alunni diversamente abili su base provinciale e ripristino delle deroghe per l’assegnazione di ore aggiuntive (L. 244/07)
7) Abolizione del Decreto Direttoriale n. 7 del 16 aprile 2012 (riconversione dei docenti in esubero su sostegno)
8) Assunzione a tempo indeterminato di tutto il personale ATA presente nella graduatoria permanente di 1°fascia
9) Congelamento delle graduatorie permanenti 1°fascia personale ATA fino al completo esaurimento,consentendo,nelle graduatorie congelate ESCLUSIVAMENTE l’inserimento dell’invalidità e della legge 104.
10) Garanzia di un reddito minimo fisso per il personale ATA inserito nella graduatoria permanente di 1°fascia e dei Docenti presenti nelle graduatorie, dopo l’esaurimento dell’indennizzo di disoccupazione e in attesa di ricollocamento.
11) Ripristino dell'automatismo delle assunzioni su posti vacanti tramite la modifica della legge 449 del 1997 e sblocco del turn over tramite modifica dell'art.1 comma 523 legge n.296 del 2006 e dell'art. 66 della legge 133 del 2008.
12) Rifiuto totale di qualsiasi proposta di valutazione dell’operato dei singoli docenti; da prendere in considerazione semmai la valutazione dei singoli istituti nella loro globalità rispetto al successo formativo degli alunni.
13) Abolizione dell’organico di “fatto” a favore di quello di “diritto” e assunzione a tempo indeterminato su queste cattedre.
14) Abbandono della PDL Aprea-Ghizzoni sulla riforma degli organi collegiali
15) Assoluta parità di diritti tra lavoratori della scuola a tempo indeterminato e lavoratori della scuola a tempo determinato (scatti di anzianità aspettativa, permessi per esami, permessi brevi, etc.)
Temi di carattere tecnico
16) Istituzione di un tetto massimo del 10% di cattedre di diritto o di fatto da assegnare a trasferimenti, utilizzazioni ed assegnazioni provvisorie interprovinciali.
17) Procedere, per le graduatorie ATA congelate, ad una accurata verifica dei titoli di accesso e dei titoli (di servizio e culturali) valutati.
18) Abolizione della norma che da facoltà ai Dirigenti scolastici di assegnare ore di supplenza ai docenti interni all’istituto anche oltre l’orario di 18 ore
19) Obbligo assoluto di pubblicazione e possibilità da parte degli USP di dare a supplenza annuale “spezzoni” anche inferiori alle 7 ore
20) Decorrenza giuridica ed economica al 1 settembre per tutte le nomine annuali, assegnate in qualunque data successiva
21) Possibilità per il lavoratore della scuola nominato su nomina annuale di optare per un nuovo incarico su eventuale e straordinaria seconda convocazione dell’USP.
22) Visibilità dei riservisti e possessori di L.104 nelle graduatorie ad esaurimento.
Catania Gennaio 2013
Didier Pavone