Istruzione

(bozza a cura Gruppo tematico Istruzione e Cultura)

L’istruzione deve essere in grado di sviluppare nei giovani un pensiero critico ed autonomo, perciò libero, in grado di convogliare energia e volontà per il bene comune.

Lo Stato si può definire come la somma del livello di istruzione dei suoi cittadini.
L’istruzione è un investimento su noi stessi che ha un altissimo tasso di ritorno: è il nostro stesso futuro.
Gli insegnanti hanno il compito di gettare il seme della cultura nelle giovani generazioni: devono essere qualificati, portatori della nostra tradizione umanistica ed insieme aperti all’uso consapevole delle nuove tecnologie, sempre aggiornati, vanno valutati e pagati per le loro capacità e ad essi va restituita la dignità per la rilevanza sociale del loro impegno.
La formazione deve essere sostanziale e l’accesso al lavoro deve essere fondato su conoscenza e saper fare, non sempre certificati dagli attuali titoli di studio, la cui impalcatura è pertanto da rivedere.
I libri di testo, da rendersi digitali, devono essere gratuiti per gli studenti in obbligo scolastico, da estendersi alla maggiore età.
L’accesso a Internet deve essere libero e gratuito, così come la possibilità di assistere on line alle lezioni universitarie; Internet deve essere visto come strumento di parità fra pari, elemento fondante della democrazia.

Indice

Linee guida

Elementi fondanti del programma

Il Movimento lotta per una scuola pubblica e aperta a tutti senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali (come previsto nell’art. 3 della Costituzione Italiana).
Lo Stato ha l’onere di finanziare la scuola pubblica, ma non quella paritaria.
L’interpretazione di “servizio pubblico” della scuola paritaria, avente origine nella legge 62/2000 (ministro L. Berlinguer), va rivista nell’ottica di “pari dignità” della formazione e non nell’onerosità finanziaria da parte dello Stato.
L’istruzione e la formazione sono libere e libere ne è la gestione.
Le Regioni, nel rispetto delle norme generali sull’istruzione dettate dallo Stato e per ogni aspetto non espressamente riservato alla legislazione statale, gestiscono le scuole pubbliche per tutti gli ordini e gradi e curano la programmazione e la realizzazione delle iniziative di formazione permanente dei propri cittadini.
Tra i compiti gestionali, da portarsi nella più assoluta trasparenza ed in raccordo a differenti forme di finanziamento, si rivela assolutamente prioritario procedere sistematicamente alla messa in sicurezza degli edifici scolastici: l’istituzione dell’anagrafe dell’edilizia scolastica e l’estensione tra le opzioni dell’8 per mille all’edilizia scolastica sono punti che possono realizzarsi immediatamente e con il consenso di tutti i cittadini (e di coloro che li rappresentano).
Altri aspetti qualificanti da integrarsi nel programma, esposti in forma di proposte da sottoporre a discussione ed a successiva votazione secondo modalità da definirsi sono dettagliati nel seguito. Di essi, in caso di approvazione, i nostri portavoce dovranno farsi promotori in Parlamento.
Le modalità di finanziamento delle varie proposte non faranno altresì parte di questo documento, in quanto l’istruzione non dovrebbe – come l’attuale classe politica vuol farci credere – essere trattata come “azienda autonoma” con un proprio problema di risorse: essa invece è da riguardarsi come un investimento “puro”, non un costo in senso stretto, perché nell’immediato non produce reddito (o quanto meno non dovrebbe produrne), esattamente come accade (o almeno dovrebbe accadere) nella ricerca di base (non quella applicata, che si fa in ambito industriale).
D’altra parte, quanto già scritto sulla legge 62/2000 e sull’art. 33 della Costituzione riguardo i finanziamenti della scuola pubblica, deve ritenersi come una Proposta Zero da mettersi in testa all’intero programma.
In aggiunta, dovrebbe essere un obiettivo comune portare il livello di finanziamento dell’istruzione pubblica ad una percentuale del PIL almeno pari alla media dei paesi della Comunità Europea (se non dell’insieme di tutti i paesi industrializzati).
Ciò non toglie che, discutendo le singole proposte, non si tocchino aspetti di tipo economico, qualora essi siano strettamente connessi con la proposta stessa.
Si ricorda che attualmente l’edilizia scolastica è di competenza dei Comuni per quanto riguarda la scuola dell’obbligo (fino al primo grado), mentre è di competenza delle Province per quanto riguarda la scuola media di secondo grado.

Il riferimento è sempre: http://www.beppegrillo.it/movimento/2010/08/istruzione.html , qui riportato nell’Appendice A.

Un modo sarebbe l’utilizzo del Forum nel Blog di Beppe Grillo, ma, a mio parere, tale modo è ad oggi inadeguato per vari motivi: in particolare, oltre a mancare una sezione specifica riguardante l’Istruzione, che faciliterebbe la Ricerca delle singole proposte da votare, anche l’operazione di “voto” può risultare non intuitiva con chi non ha dimestichezza con l’uso dei forum.

Proposte “strutturali” e “di indirizzo” sulla Scuola

Sono le proposte che riguardano l’intero sistema scolastico, sono di lungo periodo, centrate sugli studenti e sulla loro formazione, da svolgersi in contesti adeguati alla loro crescita. Sono pertanto di natura strategica ed in quanto tali andrebbero formulate da subito nel programma nazionale (qualora accolte dagli attivisti del Movimento). In sintesi, rappresentano “la Scuola che vogliamo” ed hanno l’ambizione di essere comprensibili anche a chi non opera nella Scuola.

Ripristino dell’efficacia degli interventi didattici e formativi in classi di numerosità adeguata (massimo 20/22 alunni per classe).

Occorre che il numero degli allievi in una classe ad un numero massimo di 20/22, salvo eccezioni motivate, per far sì che i docenti garantiscano un numero sufficiente di piegazioni e verifiche, nonché possano pianificare interventi di recupero e/o di valorizzazione delle eccellenze qualora si rendano necessari e/o opportuni.
Attualmente ciò non è possibile: si hanno classi fino a 33/35 unità (le cosiddette “classi pollaio”), in ambienti che molto spesso non rispondono ai requisiti minimi di sicurezza e quindi sarebbero “inagibili”.
Ciò trae origine nella legge 133/2008 (Tremonti/Brunetta) riguardante la finanza pubblica, la quale ha trovato attuazione nella scuola con la successiva legge 169/2008 (Gelmini), contenente una serie di modifiche inerenti al sistema della pubblica istruzione italiano. Risulta chiaro che non è possibile abolire “tal quale” la legge Gelmini, senza tener conto degli aspetti economico-finanziari su cui si fonda, bensì andrebbero analizzati i singoli punti e le risorse finanziarie da reperire. Un effetto “collaterale”, per nulla trascurabile, dell’accettazione della proposta qui presentata (ovviamente a finanziamento ottenuto) si manifesterebbe nella accresciuta necessità di organico nella scuola, la quale porterebbe ad affrontare con maggior razionalità il problema dei docenti precari (avendo più cattedre da assegnare a docenti).

Rafforzamento degli interventi di sostegno per gli studenti con disabilità o in situazioni di particolare disagio socio-economico.

La civiltà di uno Stato si manifesta nel modo in cui vengono trattate le minoranze.
Gli interventi di sostegno nei confronti di ragazzi disabili devono estendersi fino a tutta la durata della loro permanenza a scuola e non per un numero ridotto di ore (come avviene attualmente). Gli interventi devono essere estesi agli alunni che vivono particolari situazioni di disagio10 e che, qualora non “seguiti”, comprometterebbero un sereno svolgimento delle attività didattiche.
Deve valere il principio che il “sostegno” è all’intera classe che presenta situazioni “speciali” e non ad uso esclusivo degli alunni “speciali” e che il numero massimo di alunni in tali classi deve essere corrispondentemente ridotto.
Un criterio potrebbe essere “non più di due casi speciali per classe” ed “una riduzione di 4/5 unità per classe per ogni caso speciale” (questi sono dettagli che andrebbero stabiliti in momenti successivi all’accoglimento della proposta).
Il fabbisogno di insegnanti di sostegno deve essere pianificato in fase di iscrizioni scolastiche e può avere dei margini di flessibilità in relazione a casi “speciali” rilevati nelle fasi iniziali dell’anno scolastico dai Consigli di Classe e comunicati
dalla Scuola alle strutture di sostegno alla famiglia presenti nel territorio.
È possibile individuare delle sotto-proposte, di natura più strettamente operative, delle quali la validità è tutta da verificare, riguardanti:

  1. l’istituzione di una specifica “classe di concorso” per il “sostegno alla classe” (per ogni ordine e grado);
  2. l’aggiornamento di tutti i docenti in servizio alle tematiche riguardanti la disabilità ed il disagio (non necessariamente in disaccordo con il punto (b)).

Rafforzamento degli interventi di mediazione culturale per gli studenti stranieri.

È un aspetto strettamente correlato al fenomeno dell’immigrazione e che può avere degli aspetti similari a quelli del “sostegno”, senza con ciò voler essere in alcun modo discriminatori.
L’inserimento degli alunni è privo di una regolamentazione (su modi e tempi di attuazione) e spesso si perdono le opportunità proprie degli scambi culturali.
I docenti devono essere “formati” ed “informati” su aspetti riguardo l’integrazione ed il rispetto delle differenze e devono essere coadiuvati da operatori “interni alla scuola”; non meno importanti sono gli aspetti di “non conoscenza della lingua italiana”, nonché dei nostri “usi e costumi” da parte degli allievi.
La presenza di figure specifiche di mediazione culturale e di corsi di alfabetizzazione all’interno degli istituti scolastici (dove tali studenti sono inseriti, o quanto meno nelle immediate vicinanze) deve essere una componente strutturale della scuola e non oggetto di singoli progetti scolastici, in quanto la mobilità delle genti tra stati è ormai un fatto acquisito nel mondo globale.
In tale contesto possono essere istituiti dei corsi di lingua italiana per stranieri; essi devono essere gratuiti anche per gli studenti adulti e devono assumere carattere di obbligatorietà (ma non di selettività) per coloro che richiedono la cittadinanza.

Aggiornamento continuo dei docenti e valutazione degli interventi didattici.

Come premesso, gli insegnanti “devono essere qualificati, […] aperti all’uso consapevole delle nuove tecnologie, sempre aggiornati, vanno valutati e pagati per le loro capacità e ad essi va restituita la dignità per la rilevanza sociale del loro impegno”.
Si tratta di un aspetto ineludibile e necessario al buon funzionamento della scuola e difficilmente recepibile dall’attuale classe docente, timorosa di interventi di “controllo” e per loro natura “vessatori” sul loro operato.
Il fine della proposta è migliorare gli interventi nei confronti degli allievi e non quello di operare una sorta di controllo sui docenti.
La valutazione va fatta pertanto sui risultati ottenuti, in relazione a delle situazioni iniziali, e non sulle modalità di raggiungimento di tali risultati.
Ciò inoltre va “pesato” in relazione al contesto socio-economico in cui si trova la scuola e va “mediato” (per quanto riguarda i docenti) su un certo numero di anni di servizio (che potrebbero includere anche più scuole). È chiaro che, adottato il principio, la sua attuazione può risultare notevolmente complessa; certamente la valutazione non può essere lasciata in mano a singoli (nella fattispecie i dirigenti scolastici), può includere momenti di autovalutazione e può essere integrata da indicatori di “soddisfazione” (opportunamente depurati da possibili situazioni conflittuali) degli studenti, delle famiglie e dei colleghi. Nondimeno gli aspetti attuativi devono essere concordati con la classe docente, nell’ottica di una “democrazia dal basso”.
Solo di fronte a criteri quanto più obiettivi possibili si potrà affrontare una retribuzione del merito, da affiancarsi (e non sostituirsi) a quella – non meno importante – dell’anzianità.
Il “libero accesso” al merito può ottenersi con interventi di aggiornamento continuo dei docenti. Essi devono essere gratuiti, possono (ma dovrebbero) essere tenuti nei periodi di sospensione delle attività didattiche (che ferie non sono!), indifferentemente per docenti a tempo indeterminato ed a tempo eterminato, da tenersi in una delle scuola di servizio del corrente anno scolastico, in presenza ed anche con l’ausilio della rete.

Interventi immediati sull’edilizia scolastica e sicurezza degli alunni.

È assolutamente prioritario procedere sistematicamente alla messa in sicurezza degli edifici scolastici: è impensabile che i nostri ragazzi debbano formarsi in luoghi poco sicuri, oltre che spesso inadeguati alla loro funzionalità.
Una possibile fonte di finanziamento, di cui spesso si discute in Parlamento, ma che non ha mai visto la luce ed è pur tuttavia condivisibile e da appoggiare, consiste nell’aggiungere alle opzioni dell’8 per mille una voce specifica per l’edilizia scolastica11. Ovvio che non deve trattarsi dell’unica modalità da prendere in considerazione (non si discute qui di problemi strettamente economici).
Per poter stabilire l’entità degli interventi, lo Stato opererà con l’ausilio delle Regioni, che dovranno pianificare gli interventi ed a tal fine dovranno mettere in opera un’anagrafe dell’edilizia scolastica e delle criticità su cui intervenire. Nessun compito deve essere assegnato alle Province, di cui è nota la proposta riguardo la loro abolizione.
In particolare, deve essere garantito il rispetto delle norme di sicurezza sulla volumetria delle aule rispetto al numero di alunni che esse ospitano.
Tutto il personale scolastico deve essere “informato” e “formato” riguardo i vari aspetti della sicurezza.
Gli interventi sull’edilizia scolastica non devono limitarsi alla sola messa in sicurezza, ma devono essere anche mirati al buon funzionamento della scuola: deve essere previsto il potenziamento (se non addirittura la realizzazione) di laboratori per tutte le discipline che ne prevedono l’utilizzo, principalmente negli istituti tecnici e professionali ove è centrale la “didattica del fare”. Per laboratori si intendono non solo ambienti tecnologici, ma tutti quegli ambienti di apprendimento adeguati ad una formazione completa degli allievi, senza perciò escludere laboratori linguistici e palestre.
Un ulteriore aspetto, ma non meno importante, riguarda la riqualificazione energetica degli edifici scolastici; tutti quelli di nuova costruzione devono essere, oltre che “sicuri”, anche “energeticamente sostenibili”, con l’adozione delle più moderne tecniche sulla non dispersione del calore e la realizzazione, laddove possibile, di impianti fotovoltaici integrati; devono inoltre essere “cablati”, in modo da consentire a dispositivi di vario tipo (computer, tablet, LIM, ecc.) l’accesso ad Internet anche in modalità non wi-fi.

Nota: la proposta di “sviluppo di strutture di accoglienza degli studenti”, già presente come ultimo punto autonomo nel programma nazionale del Movimento 5 Stelle, è evidentemente limitata a problematiche degli studenti universitari; essa, è, più in generale, solo uno dei tanti aspetti che riguardano l’edilizia “per l’istruzione” e potrebbe essere trattato in maniera integrata alla proposta qui formulata per la scuola.

Ridefinizione dell’autonomia scolastica in rapporto al territorio e non in un’ottica di “scuola-azienda”. Abolizione del “DDL Aprea 953”.

Il ruolo della scuola deve essere quello di nucleo territoriale di riferimento per la popolazione; pur essendo fondamentale il controllo di spesa da parte dell’istituzione, essa deve concentrarsi sulla sua “natura pubblica” e non deve essere condizionata da interessi privati.
Non si sente pertanto la necessità di quanto formulato nel “DDL Aprea”, in particolare non si comprende il ruolo dei privati quali membri del Consiglio dell’Autonomia (l’odierno Consiglio d’Istituto).
Andrebbe invece ristabilito un dialogo più stretto tra l’istituzione scuola e la sua utenza di riferimento: le famiglie, che hanno spesso un ruolo passivo e marginale negli attuali organi collegiali, devono essere maggiormente coinvolte nei processi decisionali.
Qui non si vuol negare che vi possano essere accordi tra l’istituzione scolastica e le realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi, in quanto la collaborazione Scuola – Azienda e la conoscenza del know-how richiesto nel mondo del lavoro sono fondamentale per il futuro degli studenti, ma la copartecipazione, per quanto importante, deve rimanere esterna.
Le modalità di collaborazione devono essere sottoposte ed approvate dal Consiglio di Istituto nella sua piena autonomia.
L’alternanza Scuola – Lavoro (che deve essere un aspetto curriculare almeno nell’ultimo anno degli istituti tecnici e professionali) può, d’altra parte, essere realmente praticabile solo coinvolgendo i privati nello svolgimento di stage.
Le scuole possono anche organizzarsi in rete, sempre nel rispetto della loro identità, sia per collaborazioni con le aziende, sia per iniziative di varia natura, quali possono essere la lotta alla dispersione scolastica, il recupero scolastico e la continuità educativa, in modo da far fronte come corpo unico alle esigenze territoriali ed allo stesso tempo diminuire le spese.
L’attuale Fondo d’Istituto (FIS) ha senso di esistere solo per reali necessità di miglioramento della didattica: il controllo del suo utilizzo deve essere pubblico ed accessibile a chiunque ed in tutte le sue voci15 (ad esempio mediante pubblicazione sul sito web scolastico), in modo da eliminare gli sprechi (ad esempio nel finanziare progetti non corrispondenti alle finalità del fondo) ed indirizzarlo verso iniziative concrete e valutabili. Esso va pertanto mantenuto e non usato per coprire spese di altra natura16, come sta attualmente accadendo per finanziare il ripristino degli scatti di anzianità dei docenti e per i quali si prevede il suo azzeramento entro i prossimi due anni.
Non devono invece costituire fonte di finanziamento le tasse scolastiche: la scuola va intesa come bene pubblico e deve essere completamente a carico della collettività, che, in base al suo reddito e pagando le tasse, contribuisce al suo funzionamento. Ciò è particolarmente vero nell’età dell’obbligo scolastico, in cui le tasse scolastiche andrebbero abolite.
Infine, oltre che con le realtà produttive, la scuola deve poter stabilire, nella sua autonomia, delle collaborazioni anche con altri enti territoriali, organizzazioni sociali, fondazioni, associazioni culturali, volontariato, che possano mettere a disposizione del sistema scolastico le risorse presenti nel territorio sia per assicurare la fornitura dei servizi, sia per qualificare la didattica. D’altra parte la scuola può mettere a disposizione di tali realtà i propri locali (ad esempio palestre, biblioteche, auditorium) in orario pomeridiano, promuovendosi quale riferimento di cultura e socializzazione. Tali iniziative non sono comunque a costo zero, in quanto vanno comunque coperti i costi del personale nell’apertura prolungata della scuola; hanno però il beneficio di contribuire alla lotta alla dispersione scolastica ed al disagio sociale.

Abolizione dell’insegnante unico nella scuola primaria, ripristino dei moduli e del tempo pieno (art. 4 della legge Gelmini 169/2008 e precedenti provvedimenti Moratti).

Con ciò si vuol ottenere il ripristino dei moduli 3 x 2 (3 maestri di “ambito disciplinare” per 2 classi) e del tempo pieno a 40 ore settimanali, come stabilito dalla legge 148/1990, a conclusione di un lungo lavoro di sperimentazione iniziato nei primi anni Ottanta e passato attraverso la modifica dei programmi di insegnamento delle elementari (DPR 104/1985).
Si trattò di una sperimentazione non breve, partita sin dal 24/09/197119, in cui il tempo pieno divenne progetto attuabile: Le conclusioni furono che il modello del team di docenti, con la suddivisione degli ambiti disciplinari, è migliore sia del maestro unico sia dell’insegnante affiancato da alcuni docenti specialisti; ne conseguì l’allungamento dell’orario scuola a 40 ore organizzato in “moduli” o “a tempo pieno”.
Per attuare la proposta, dunque, si rendono necessarie l’abrogazione della legge Gelmini, almeno nel suo art. 4, nonché di tutti i provvedimenti Moratti che sono intervenuti a modificare la legge 148/199020.
Il sistema dei moduli e del tempo pieno che si vuol ripristinare ha ricevuto ampio riconoscimento anche a livello internazionale e la cui bontà è stata confermata dai dati dell’OCSE. Peraltro, tali dati sono sensibilmente peggiorati nell’ultimo decennio, a provare l’involuzione della scuola primaria a seguito degli ultimi provvedimenti.
In particolare, nelle indagini del PIRLS (Progress in International Reading Literacy Study), che valuta le competenze in lettura dei bambini della quarta elementare, nel 2006 i bambini italiani risultavano al sesto posto nel mondo ed in Europa secondi soli ai bambini del Lussemburgo, mentre nel 2011 scendono al sedicesimo posto nel mondo ed al nono in Europa.

Revisione completa dei cicli scolastici post–primaria (vs Gelmini).

L’attuale livello di preparazione dei nostri studenti “medi” impone con urgenza una revisione radicale dei cicli scolastici post-primaria.
All’interno dello stesso Movimento 5 Stelle sono formulate proposte anche differenti su quali debbano essere i nuovi cicli scolastici.
Occorre però trovare dei punti fermi, che possano essere quanto più possibile condivisi e di riconosciuta validità.
Uno di essi è la precedente proposta sulla scuola primaria, la cui struttura, regolamentata dalla legge 148/1990, ha dimostrato validità nella sua breve attuazione, con risultati misurati dall’OCSE.
Lo stesso non può dirsi della scuola media, sia di primo grado sia di secondo grado (quest’ultima di recente revisione, in base a principi di razionalizzazione delle spese e solo marginalmente nel merito della didattica).
Si propone allora di revisionare l’intera scuola media in maniera integrata su tutta la sua durata di 8 anni.
La durata complessiva (8 anni) non va variata.
È possibile pensare a più opzioni, ognuna avente una sua validità. Se ne riportano qui solo due, ciascuna avente i suoi pro e contro. Esse, come ulteriori proposte, vanno comunque sottoposte a discussione e a votazione per l’approvazione.
-Una suddivisione in 4 bienni, ciascuno con una sua finalità. Il primo con l’obiettivo di rafforzare le materie di base (di cui oggi sono carenti addirittura numerosi alunni prossimi al diploma); il secondo di orientamento agli anni successivi, con l’introduzione di materie tecnico-scientifiche ed approfondimento delle materie di base; il terzo potrebbe ricalcare l’attuale suddivisione tra licei, istituti tecnici ed istituti professionali, potrebbe portare a compimento l’età dell’obbligo scolastico e potrebbe concludersi con una qualifica “scientifico-linguistico-umanistica”, “tecnica” e “professionale”; il quarto potrebbe essere prevalentemente (non esclusivamente) di raccordo con l’Università per i licei e di raccordo con le aziende del territorio per gli istituti tecnici e professionali; le attività di raccordo possono coniugarsi con borse di
studio e apprendistato; la scuola media si chiuderebbe con il diploma.
-Una suddivisione in 2 parti, di 5 e 3 anni, in cui la prima comune per tutti gli alunni e la seconda che ricalca l’attuale struttura di Licei, Istituti Tecnici e Istituti Professionali, sempre con attività di raccordo con l’Università e con le aziende del territorio; gli interventi di revisione andrebbero a ricadere principalmente nella prima parte quinquennale, dove devono essere rafforzate tutte le discipline di base. La presenza di un percorso comune di maggior durata nella parte iniziale (quindi presumibilmente da tenersi nella stessa scuola) potrebbe favorire le attività volte a contrastare l’evasione e la dispersione scolastica, che in tale periodo assumono i loro valori maggiori.
Restano aperte a discussione le modalità di attuazione degli Istituti Tecnici Superiori (post-diploma), in quanto, pur mostrando una loro validità teorica, non hanno ad oggi ancora visto la luce.
Particolare riguardo dovrà essere dato ai programmi: in particolare si propone il ripristino dello studio dell’educazione civica (almeno per i primi 4/5 anni) come materia a se stante, in quanto particolarmente tralasciata dagli attuali docenti e teoricamente incorporata in altre discipline22. Uno degli obiettivi primari della scuola è infatti quello di formare un cittadino che sia autonomo, cosciente e socialmente attivo: in tal senso sono fondamentali l’educazione al senso civico, il conoscere e rispettare le leggi, il saper prendere le distanze dal razzismo, dal
bullismo e da ogni forma di mafia, lo sviluppare un senso critico per distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è.
L’informatica va introdotta già dal primo anno; altre discipline di base che potrebbero essere introdotte nei primi anni riguardano: l’educazione alla salute ed alla corretta alimentazione; l’educazione ambientale; la storia di altre culture e religioni e la multietnicità, …
Lo studio delle lingue straniere va potenziato, con laboratori linguistici e con l’obbligo dello studio di una seconda lingua straniera per tutta la durata della scuola media. L’utilizzo di laboratori va esteso al maggior numero di discipline possibile, idealmente a tutte, così come in tali contesti assume rilievo la compresenza di docenti tecnici. Potrebbe rendersi necessario anche ridefinire l’asset della classe quale ambiente di apprendimento, in quanto spesso oggi le lezioni di tipo frontale non risultano essere più adeguate alle loro finalità didattiche.
Negli anni finali (2/3) deve essere previsto un uso intensivo di stage e di alternanza scuola – lavoro (al più con l’eccezione dei licei); in tali periodi deve essere prevista anche la possibilità di acquisire certificazioni tecniche spendibili nella futura attività lavorativa.
Ad ogni modo, come dimostra l’esperienza della scuola primaria negli ultimi tre decenni del Novecento, i programmi e le metodologie da adottare vanno sperimentate e quindi adottate definitivamente, a meno di accorgimenti, sulla base dei risultati che si saranno ottenuti e non in base a considerazioni ideologiche.

Gratuità e libero accesso dei testi digitali.

È quanto già previsto nel programma nazionale: esso va però specificato meglio, in quanto il valore della proposta è nella gratuità per gli studenti e non nel formato dei testi; in altri termini i testi scolastici, anche in formato cartaceo (fintanto che tale formato esisterà), devono essere resi gratuiti quantomeno nell’età dell’obbligo scolastico.
La proposta prevede delle convenzioni a livello nazionale con case editrici. Queste ultime negozieranno con lo Stato dei contratti di fornitura, in modo da tutelare in qualche modo gli autori, che altrimenti non avrebbero alcuna motivazione a continuare a scrivere libri di testo.
La gratuità dei testi per le famiglie e una contrattazione unitaria con lo Stato possono prevedere una liberalizzazione nella scelta dei testi più idonei alla didattica, senza più il vincolo del mantenimento dell’adozione per un quinquennio o più; ne potrebbero addirittura discendere dei vantaggi economici per lo Stato.
I testi non vanno comunque imposti dallo Stato, ma continueranno ad essere scelti dai collegi scolastici competenti, nel rispetto dell’autonomia.
Le scuole possono altresì promuovere l’autoproduzione di testi scolastici e la loro diffusione presso altre scuole. Un’esperienza positiva in tal senso è già in essere nel progetto “Book in Progress” dell’Istituto Majorana di Brindisi.

Obbligo scolastico e gratuità.

L’obbligo scolastico va esteso a 18 anni.
In obbligo scolastico (quale che sia l’arco temporale dell’obbligo) la scuola deve essere completamente gratuita: non devono essere a carico della famiglia dello studente né le tasse scolastiche né il materiale didattico (ed in particolare i libri di testo).

Dispersione ed abbandono scolastico.

La lotta all’evasione e alla dispersione scolastica deve essere un aspetto fondante del programma del Movimento e andrebbe esplicitato con chiarezza.
Si tratta dell’attuazione concreta di quanto riportato nell’art. 34 della Costituzione: “La scuola è aperta a tutti”. Nella realtà, pur potendo sostenere che l’accesso alla scuola è per tutti, a ciò non sempre corrisponde il successo scolastico.
La scuola ha perso quasi ogni forma di selettività nel primo grado ed ha assunto caratteri di esclusione nei primi anni del secondo grado, dove si concentrano le maggiori percentuali di alunni respinti. È proprio in tali periodi che dispersione e abbandono scolastico assumono percentuali anche a due cifre.
Una revisione completa di tutta la scuola media, di primo e secondo grado, senza soluzione di continuità, può aiutare ad affrontare tale problema. Qui verranno formulate delle proposte specifiche, attuabili da subito, ma allo stesso tempo strategiche per avere una scuola inclusiva, di tutti.
Si propone di estendere il tempo pieno (almeno) nelle aree a rischio evasione e dispersione scolastica, che prevedano attività di tipo manuale in orario pomeridiano. La realizzazione di laboratori tecnico-pratici che richiedono un elevato grado di manualità nei primi anni della scuola media (4/5 anni) per l’avvio ad attività di tipo artigianale o artistico possono essere di supporto alla proposta.
L’obiettivo è sempre quello di individuare interessi e capacità nei soggetti a rischio e mantenerli in un luogo adatto alla loro crescita individuale.
Per monitorare il successo delle varie iniziative, una possibilità consiste nell’istituzione di un registro anonimo28 della gioventù, avente il solo scopo di consentire il follow-up degli studenti, in particolar modo quando essi effettuano il passaggio da una scuola ad un’altra.

Revisione strutturale della dualità degli organici “di diritto” e di “fatto”.

Il dualismo tra organici di diritto e di fatto ha prodotto l’enorme numero di personale precario nella scuola. È davvero necessario, quanto meno nelle dimensioni attuali?
Per non ricreare un numero abnorme di docenti precari per periodi temporali ”lunghi” sono da rivedere completamente le modalità di reclutamento del personale scolastico.
Occorre dare un peso di rilievo alla didattica ed all’esperienza: il tirocinio deve essere obbligatorio per accedere all’insegnamento.
Devono essere valutate le effettive competenze del candidato neo-docente, che deve seguire dei corsi di specializzazione post-laurea con approfondimenti metodologici riguardo la didattica e tirocinio in aula .
Tali corsi vanno a sostituire i concorsi: questi ultimi hanno infatti dei momenti di valutazione fin troppo brevi per essere adatti a stabilire l’idoneità all’insegnamento del candidato. Al numero dei posti messi a concorso va a sostituirsi il numero programmato delle iscrizioni ai corsi di specializzazione, determinato sulle previsioni di esigenza in organico nei vari ordini e gradi scolastici e ad esaurimento dei docenti precari.
Il sistema di assunzioni deve essere tale da ridurre al minimo il numero di contratti a tempo determinato, a ricoprire esclusivamente le possibili fluttuazioni nel numero delle classi (e di cattedre) sulla base delle previsioni di iscrizioni degli alunni negli anni scolastici successivi.
Non devono più essere attivate corsie preferenziali tra il sostegno ed altre classi di concorso: ciascuna abilitazione deve prevedere il suo corso di specializzazione.
Viceversa, per lo stesso motivo non deve essere possibile “riconvertire” i docenti sovrannumerari sul sostegno, che non va più visto come una specializzazione, bensì un’abilitazione a se stante.
Il personale ATA deve inoltre essere dimensionato sul numero delle classi e non sul numero degli alunni.
Le modalità di reclutamento devono essere le stesse anche per gli insegnanti di religione (rivedendo perciò gli accordi con il Vaticano).
Deve infine trovare piena attuazione la direttiva comunitaria 1999/70/CE del Consiglio dell’U.E. del 28/06/199930, che prevede l'assunzione a T.I. per chi presta lavoro a tempo determinato per oltre 3 anni nella stessa azienda o settore produttivo e quindi in particolare nella scuola.

Gradualità della cessazione dal servizio per il pensionamento.

Nella scuola il pensionamento deve essere flessibile non solo per età, ma anche per orario di servizio.
Deve essere lasciata la possibilità ai docenti più anziani di passare progressivamente da un orario completo ad un orario ridotto fino alla completa cessazione dal servizio.
Ad esempio, un docente di scuola media di 60 anni potrebbe passare da 18 ore a 15 ore settimanali, a 63 anni da 15 ore a 12 ore settimanali ed infine a 67 anni andare in pensione.
Tale opzione deve essere una libera scelta del docente ed in nessun caso un obbligo. In ogni caso lo aiuterà a rendere meno traumatica la cessazione dal servizio e a rendere disponibili ore per il completamento di cattedre di altri docenti.
Un docente “ad orario ridotto” deve essere sempre disponibile ad essere affiancato da giovani aspiranti docenti per attività di tirocinio, in modo da non disperdere l’enorme patrimonio di esperienze acquisite negli anni di servizio. Tali attività devono essere incentivate, ad esempio non producendo riduzioni di stipendio per coloro che contribuiscono alla formazione di giovani colleghi a fronte di una riduzione oraria.
La proposta può essere estesa a tutti gli operatori nella scuola (personale ATA).

Accesso gratuito ad Internet per l’istruzione.

In realtà è questa una “non proposta”, in quanto l’accesso gratuito ad Internet deve essere aperto a tutta la popolazione, quale punto qualificante di tutta l’azione politica del Movimento 5 Stelle.
La presenza di un “punto di proposta” riguarda le implicazioni che possono aversi con l’accesso libero ad Internet nelle scuole.
L’accesso degli studenti ad Internet non è un valore in sé, ma deve essere finalizzato alla loro formazione (in caso contrario, sarebbe come autorizzarli ad un uso continuo dei telefoni cellulari, senza alcuna finalità didattica).
Sarebbe più opportuno formulare la proposta dell’accesso degli studenti ad Internet con dizioni del tipo: “tutte le scuole devono avere un accesso gratuito e veloce ad Internet e l’accesso alla rete deve essere al servizio della didattica”.
L’accesso ad Internet è dunque mirato all’utilizzo del materiale didattico presente in Rete, ma deve essere limitato mediante controlli di tipo “parentale” per contenuti non adatti ai minori; ciò non può essere demandato alla sola attività di controllo da parte dei docenti, ma deve essere compito specifico di coloro che forniscono alla scuola il collegamento ad Internet (provider, società di telecomunicazioni). In questo contesto, la limitazione di accesso non è una limitazione di libertà, bensì è solo una tutela dei minori.
Ciò non riguarda gli studenti universitari; inoltre, quanto già detto nel programma nazionale (“accesso pubblico via Internet alle lezioni universitarie” e “insegnamento a distanza via Internet”) può essere meglio specializzato affermando che “la fruizione delle lezioni universitarie via Internet deve essere gratuita” (come già accade in diverse esperienze americane) e che deve essere consentita “la videoripresa delle lezioni universitarie in presenza per un accesso sincrono degli studenti da remoto via Internet” e“la loro registrazione per un accesso asincrono degli studenti da remoto via Internet”.
La proposta della videoripresa può essere estesa alla scuola ed in particolare a quelle classi nelle quali alcuni alunni si assentano a lungo a causa di patologie di varia natura.

Proposte “di dettaglio” ed “operative” sulla Scuola

Sono le proposte che riguardano singole parti del sistema scolastico, riguardano aspetti (purtroppo) contingenti sul cattivo funzionamento della scuola e che dovrebbero essere trattati nel breve periodo, indipendentemente dall’accoglimento delle proposte strutturali. Esse comprendono aspetti tecnici, non immediatamente comprensibili a chi non opera nella scuola, ma cionondimeno importanti e forse i più
sentiti da parte della “classe docente”.
In ogni caso, noi vogliamo che lo Stato rispetti le leggi sul lavoro e che l’istituto della riconciliazione, molto diffuso in ambito sindacale, deve essere del tutto marginale in uno Stato di diritto.

Organico di fatto, graduatorie e precariato.

Segue un elenco di punti condivisibili, soggetti a discussione, raccolti in Rete sull’argomento.

  • -Ridurre le differenze numeriche tra Organico di Diritto ed Organico di Fatto (oggi tale differenza è circa il 30% dell’OdF, riguarda circa 130.000 docenti e non è in alcun modo giustificabile con un differente numero di iscrizioni che possono aversi in due anni scolastici consecutivi).
  • Riaprire le GAE (graduatorie ad esaurimento) ed assumere su tutti i posti vacanti “non giustificati” in Organico di Fatto.
  • Prevedere altre modalità di reclutamento solo per graduatorie effettivamente esaurite.
  • Chi è attualmente abilitato all’insegnamento non deve sottoporsi ad altre procedure selettive.
  • Chi ha lavorato più di 36 mesi ha precedenza assoluta nell’assunzione a tempo indeterminato, per il puro e semplice rispetto delle leggi (alle quali lo Stato è inadempiente).
  • Prevedere una differente calendarizzazione dell’anno scolastico e delle attività preliminari al suo avvio, secondo la quale le attività didattiche inizino oltre il primo settembre, in modo da completare le convocazioni per gli incarichi (contratti a tempo determinato) prima che inizino le attività in aula.
  • Gli incarichi annuali devono essere tali da non generare diversità di trattamento tra personale a tempo determinato e a tempo determinato:devono essere effettivamente annuali (a 12 mesi), quindi prevedere le ferie, i permessi, le assenze per malattia ed una pari maturazione di diritti a qualsiasi fine (anzianità di servizio, pensione, eccetera).
  • Prevedere un pieno riconoscimento dell’anzianità di servizio pre-ruolo (l’equiparazione dei diritti del punto precedente deve essere pregressa).
  • Prevedere contratti a tempo determinato anche per spezzoni orari di breve durata (2-3 ore) per un miglior funzionamento delle attività.
  • Prevedere graduatorie uniche a livello regionale per le graduatorie di istituto, senza limiti numerici.
  • Prevedere obbligatoriamente la nomina di supplenti quando il docente incaricato prolunga la sua assenza per più di cinque giorni, evitando di scorporare le classi distribuendo gli alunni nelle altre aule.
  • Mantenere la validità dei titoli di studio, qual era al momento del loro conseguimento, per l’accesso all’insegnamento.

Proposta alternativa sulla soluzione al problema del precariato (il docente semi-precario).

È un approccio apparentemente provocatorio al problema, che per la sua originalità merita di essere almeno sottoposto a discussione.
È dovuto al prof. Carmine Fusco, pubblicato su Facebook e ripreso da Orizzonte Scuola a gennaio 2013. Si basa sul presupposto di non considerare il numero di persone da stabilizzare, bensì il numero di ore di lezione da coprire. Se ne riporta qui la proposta.
L’idea di base è quella di immettere in ruolo insegnanti con contratti speciali a tempo indeterminato per (ammettiamo) 12 ore anziché 18 (in base all’Organico di fatto), da offrire a tutti quei precari abilitati inseriti nelle Graduatorie ad Esaurimento e che hanno stipulato contratti a termine nei 3 o 5 anni precedenti.
Ove possibile, le restanti ore, per il completamento a 18 ore, verrebbero affidate con la normale prassi prevista per gli spezzoni (offerte ai docenti già in servizio o graduatorie ad esaurimento/d’istituto).
Il raggiungimento dell’orario completo a 18 ore sarebbe una mera conseguenza del liberarsi delle cattedre dovuto al pensionamento dei colleghi anziani, ovviando alle incivili tensioni generazionali tra docenti giovani e vecchi.
Chi non vuol essere semi-precario mette in campo il merito per seguire le normali procedure di reclutamento che verranno di volta in volta attuate sul ruolo a 18 ore.

Avanzamenti di carriera (scatti di anzianità).

Fino a quando non si saranno stabiliti dei criteri retributivi differenti, per coloro che hanno iniziato ad operare nella scuola in cui era vigente un meccanismo basato sugli scatti di anzianità, tale meccanismo deve essere ripristinato del tutto.

Orari e retribuzioni dei docenti.

Gli orari e le retribuzioni per i docenti delle scuole di ogni ordine e grado devono essere equiparati alla media europea.
Nella computazione degli orari occorre tener conto di tutte le attività dei docenti e non solo di quelle in aula o laboratorio “in presenza”, privilegiando comunque quelle finalizzate alla didattica ed eventualmente riducendo quelle di natura burocratica. Un adeguato spazio deve essere riservato alle attività di aggiornamento, sia professionale sia metodologico-didattico.
Le attività normalmente svolte a casa (preparazione delle lezioni, correzione dei compiti, eccetera) andrebbero di preferenza svolte in spazi adeguati all’interno della scuola per una più corretta valutazione dell’orario di lavoro.

Distribuzione delle scuole nel territorio.

La presenza delle scuole nel territorio deve essere legata al principio di vicinanza della scuola all’alunno e ad una maggior conoscenza delle sue esigenze formative.
Gli accorpamenti di più scuole vanno contro questo principio e non dovrebbero essere effettuati in base ad esclusive considerazioni di carattere economico.
La nascita di “piccole scuole” (anche medie superiori) in comuni più piccoli possono ad esempio servire ad evitare la dispersione scolastica.
Non devono infine sussistere vincoli sulla frequentazione delle scuole: se, ad esempio, un alunno frequenta la primaria in un istituto, egli non deve essere vincolato a frequentare la scuola media nello stesso istituto.

Potenziamento del trasporto pubblico in prossimità delle scuole.

Non sempre le scuole sono in prossimità i dove gli alunni abitano.
Ciò accade soprattutto per le scuole medie di secondo grado (e talvolta di primo grado): si rende necessario, in ogni caso, potenziare il trasporto pubblico, in particolar modo in corrispondenza degli orari di ingresso e di uscita e preferibilmente mediante mezzi non inquinanti.

Obbligatorietà di un vicario del Dirigente Scolastico in ogni plesso e sua eleggibilità.

In ogni plesso scolastico deve essere sempre presente, almeno nelle ore mattutine, un facente funzioni del Dirigente Scolastico: Egli deve essere eletto tra i docenti in servizio nel plesso da quegli stessi docenti.
L’eleggibilità del vicario deve essere estesa anche al plesso in cui opera il Dirigente Scolastico.

Rivedere il sistema di valutazione scolastico (INVALSI).

Il sistema INVALSI è facilmente aggirabile, non risponde alle differenze socioculturali nelle varie realtà territoriali (di cui non tiene conto) e quindi si è dimostrato non rispondente alle esigenze per le quali è nato.
Così com’è, andrebbe immediatamente sospeso (o annullato).

Rivedere i criteri di valutazione finale nei diplomi.

Il sistema di valutazione al termine degli studi è spesso soggetto a disuniformità non solo territoriali, ma anche tra scuole pubbliche e scuole paritarie.
Devono essere messi in atto dei meccanismi che eliminino tali difformità (non possono essere, per quanto detto, le prove INVALSI) e soprattutto per evitare la diffusione di scuole “diplomificio” (di cui molte sono paritarie!).
Lo stato attuale delle cose spiega la proposta, nel programma nazionale, di abolire il valore legale del titolo di studio42, che, così com’è, non certifica in alcun modo le competenze del diplomato.

Premiare gli alunni più meritevoli.

Prevedere delle incentivazioni al merito, per lo sviluppo delle capacità dell’allievo, ad esempio con vacanze studio gratuite all’estero.
L’istituzione di borse di studio per l’Università (italiana o estera) o altri enti esterni all’istituzione scolastica può essere un’altra valida opzione.

Unità orarie di 50 minuti.

La ragione di ciò consiste nel fatto che gli alunni non riescono a mantenere l’attenzione alta per tempi prolungati.
Inoltre si renderebbe possibile una maggiore razionalizzazione dell’orario scolastico ed il termine delle attività mattutine ad un orario che rende agli alunni agevole il rientro a casa.
Resterebbe aperta la discussione sull’orario di lavoro: “6 unità orarie di 50 minuti corrispondono a 5 o a 6 ore di lavoro?”. La risposta è in ogni caso controversa, in quanto anche in altri settori lavorativi, principalmente quelli che prevedono attività di tipo intellettuale, le ore di lavoro non corrispondono a quelle di impegno effettivo (ne potrebbe conseguire un primo aumento del numero di unità orarie in
presenza ed un successivo aumento dell’orario lavorativo dei docenti).

Assenze per malattia.

Le trattenute sull’indennità stipendiale per assenze per malattia devono essere abrogate. Servono altri meccanismi di controllo sull’assenteismo che non siano vessatori nei confronti di chi ha reali problemi di salute.

Unificazione del sostegno in un’unica area.

La differenziazione in più aree nella scuola media di secondo grado non è già in pratica attuata e non ha senso se si vuol attuare il principio di sostegno all’intera classe e non al singolo allievo. Non deve essere in alcun modo consentito la collocazione forzata in altre classi per compiti di supplenza dovuti all’assenza di colleghi (è questa prassi consolidata in molte scuole).

Privilegiare l’utilizzo di software gratuito.

L’utilizzo di software gratuito deve essere incentivato sia nei laboratori tecnologici (ed in particolare informatici) sia negli uffici amministrativi. In questi ultimi, l’adozione di Linux e di LibreOffice può ricoprire la gran parte delle necessità di automazione senza richiedere una eccessiva specializzazione del personale (in ogni caso, la gratuità del software deve essere messa a confronto con le spese di
gestione del medesimo software).

Promuovere la corretta alimentazione degli alunni.

I distributori automatici non devono più contenere il cosiddetto “cibo spazzatura”, ma porzioni di frutta e di altri alimenti certificati sani e pertanto in linea con la corretta crescita fisica deli alunni. Lo stesso principio deve valere per bouvette o bar interni alla scuola.

Note conclusive (Università e Ricerca scientifica)

Mancano qui proposte specifiche per l’Università che integrino il programma nazionale.
La legge Gelmini di riferimento è la 240/2010, della quale potrebbero essere revisionati anche solo alcuni articoli o commi e non l’intero impianto; ad esempio, l’eliminazione del baronato è un fatto di democrazia, ma occorre far sì che ad esso non si sostituiscano altri centri di potere e venga riconosciuto il merito di giovani aspiranti ricercatori e docenti (italiani e non), in modo che le Università italiane risultino per loro attraenti.
La discussione andrebbe peraltro portata avanti con l’ausilio di attivisti che abbiano una conoscenza maggiore del sistema universitario.
In mancanza di proposte integrative, sono comunque numerosi e già di riconosciuta validità i punti presenti nel programma nazionale.

Appendice A: il programma nazionale attuale

  • Abolizione della legge Gelmini
  • Diffusione obbligatoria di Internet nelle scuole con l’accesso per gli studenti
  • Graduale abolizione dei libri di scuola stampati, e quindi la loro gratuità, con l’accessibilità via Internet in formato digitale
  • Insegnamento obbligatorio della lingua inglese dall’asilo
  • Abolizione del valore legale dei titoli di studio
  • Risorse finanziarie dello Stato erogate solo alla scuola pubblica
  • Valutazione dei docenti universitari da parte degli studenti
  • Insegnamento gratuito della lingua italiana per gli stranieri (obbligatorio in caso di richiesta di cittadinanza)
  • Accesso pubblico via Internet alle lezioni universitarie
  • Investimenti nella ricerca universitaria
  • Insegnamento a distanza via Internet
  • Integrazione Università/Aziende
  • Sviluppo strutture di accoglienza degli studenti

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Prima bozza (a cura di Agnese)


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